11/09/23

Letteral_mente. Accabadora, Michela Murgia -recensione-

La Sardegna è una terra d'orgoglio, tradizioni antiche e rituali che, talvolta, vengono sottaciuti per il loro controverso svolgimento. Questa è la storia dell'Accabadora Bonaria Urrai e della sua fill' e anima, Maria.  La defunta Michela Murgia ci racconta i legami d'anima in questa bellissima storia di donne, morte, ma anche di vita e radici






Sinossi


Perché Maria sia finita a vivere in casa di Bonaria Urrai, è un mistero che a Soreni si fa fatica a comprendere. La vecchia e la bambina camminano per le strade del paese seguite da uno strascico di commenti malevoli, eppure è così semplice: Tzia Bonaria ha preso Maria con sé, la farà crescere e ne farà la sua erede, chiedendole in cambio la presenza e la cura per quando sarà lei ad averne bisogno. Quarta figlia femmina di madre vedova, Maria è abituata a pensarsi, lei per prima, come "l'ultima". Per questo non finiscono di sorprenderla il rispetto e le attenzioni della vecchia sarta del paese, che le ha offerto una casa e un futuro, ma soprattutto la lascia vivere e non sembra desiderare niente al posto suo. "Tutt'a un tratto era come se fosse stato sempre così, anima e fili'e anima, un modo meno colpevole di essere madre e figlia". Eppure c'è qualcosa in questa vecchia vestita di nero e nei suoi silenzi lunghi, c'è un'aura misteriosa che l'accompagna, insieme a quell'ombra di spavento che accende negli occhi di chi la incontra. Ci sono uscite notturne che Maria intercetta ma non capisce, e una sapienza quasi millenaria riguardo alle cose della vita e della morte. Quello che tutti sanno e che Maria non immagina, è che Tzia Bonaria Urrai cuce gli abiti e conforta gli animi, conosce i sortilegi e le fatture, ma quando è necessario è pronta a entrare nelle case per portare una morte pietosa. Il suo è il gesto amorevole e finale dell'accabadora, l'ultima madre.


Recensione 

La Sardegna appare, agli occhi di noi del continente, una terra di mistero, antica, ammantata di una magia che i suoi abitanti, sempre orgogliosi delle proprie origini, custodiscono gelosamente. L'influenza della comunità li ha resi forti e solidali, ma esistono delle verità inconfessabili, dei rituali sottaciuti per il loro controverso svolgimento, come quello di dare sollievo  ai moribondi che, per qualche motivo, rimangono sospesi al confine con l'Aldilà. 

Questa è la funzione dell'Accabadora, dallo spagnolo acabar, cioè finire. Si tratta di una donna vestita di nero che ha il compito di dare la morte a coloro che soffrono per un'agonia troppo lenta. Bonaria Urrai è la signora della morte di Soreni, che decide di adottare Maria, quarta figlia femmina dei Listru, e diventa quindi sua fill' e anima. La bambina la vede uscire nel cuore della notte e non sa spiegarsene il motivo, fino a quando Nicola Bastìu, al quale è stata amputata una gamba, la supplica di mettere fine a quella vita da invalido che non accetta. 

Terrorizzata, la ragazza fugge a Torino, dove si impiega come bambinaia di due ragazzi ma, dopo esserne stata cacciata a causa di una relazione con il maggiore, torna a Soreni perchè riceve notizia che sua madre adottiva ha avuto un ictus. Anche l'agonia della tzia Bonaria è lunga e straziante, perchè pare si porti nel cuore il peso di una fine che sembrava più un omicidio.

La figura femminile, che per antonomasia è quella che genera la vita, assurge anche al ruolo contrario, in un gesto di pietà comunque materno. Bonaria è una donna di lunghi silenzi, ombrosa, ma che non ha mai smesso di amare Maria neanche quando fugge, contravvenendo al patto che ha stipulato con lei. Maria, successivamente, lo onora prendendosi cura di lei e assistendo alla sua atroce agonia. 

La defunta Michela Murgia ci racconta i legami d'anima in questa bellissima storia di donne, morte, ma anche di vita e radici. Ci ha consentito di conoscere e comprendere certe dinamiche di un popolo che, spesso, ci appare veramente come un'isola in mezzo al mare. Forse, è  un sentimento che la realtà urbana non riuscirà mai a comprendere, ma questo libro è davvero un esempio illuminante, con il suo linguaggio ricercato, anche se a tratti ruvido, anch'esso rappresentativo del modo di comunicare di una piccola comunità rurale. 

Consigliatissimo, anche per scoprire quella che è stata una voce autorevole delle donne e per le donne. 

Voto: 8 

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