Amici di penna: L'importanza di piangere. Natura, cultura, benefici

Continua il viaggio introspettivo del blog de Lagraziadeilibri. Per la rubrica "Amici di penna", oggi parliamo dell'importanza di piangere. Riuscite a farlo in pubblico o preferite essere soli con voi stessi? Retaggi culturali, benefici psicologici e segnali d'allarme legati alle lacrime. Chi non si sente meglio dopo aver fatto un bel pianto liberatorio? 






Non a caso ho scelto l’immagine di un uomo che piange, d'impatto e alla quale non siamo completamente socializzati, per introdurre l’argomento di cui parleremo per la rubrica “Amici di penna”: l’importanza di un buon pianto liberatorio. Per tutti e tutte. 

Retaggi culturali e machismo sin dalla notte dei tempi, hanno imposto agli uomini di non mostrare mai le proprie emozioni, a essere sempre vigorosi, forti, sprezzanti soprattutto. Alle donne è invece stato insegnato che sono fragili, emotive, e devono quindi essere guidate e aiutate. Passa il messaggio implicito che sono inaffidabili e incapaci di badare a se stesse. Dunque, per loro, piangere non solo è tollerato, ma rientra in un copione che ne rafforza gli stereotipi negativi. 

L’argomento ha sempre suscitato in me un certo interesse. Pare che esistano diverse composizioni chimiche delle lacrime, a seconda dello scopo per cui vengono versate: quelle di dolore fisico o emotivo sono diverse rispetto a quelle che fuoriescono per una pagliuzza in un occhio. Inoltre, ho scoperto che il motivo per cui ci si sente bene dopo aver pianto, è la presenza nelle lacrime di encefaline, ovvero analgesici naturali che aiutano ad alleggerire pesanti carichi di stress.

Piangere non è una dimostrazione di debolezza, come il senso comune vuole far credere. Sin dall’infanzia si associano i lacrimoni alla vergogna: chi si mostra piangente merita la pubblica umiliazione o addirittura una punizione, quindi spesso si cresce con la concezione che sia sbagliato, che bisogna nascondere i propri momenti di sofferenza. Invece, da un punto di vista  anche filosofico, piangere è sinonimo di forza interiore. Nel pianto non c’è nulla di sbagliato, può piangere chiunque, e si dovrebbe imparare che essere sensibili è un pregio, non un’arma a doppio taglio nelle mani della crudeltà altrui. 

Per le persone particolarmente emotive è molto difficile, se non impossibile, trattenere lo stimolo del pianto, e spesso vengono messe in ridicolo per i loro sfoghi. Per i maschi, è tipica la frase: "Sei una femminuccia!" Come se i sentimenti e le emozioni fossero appannaggio esclusivamente femminile, e che quindi l'essere considerato alla stregua di una donna (seguendo il ragionamento errato) sia offensivo, perchè denota l’assenza di quella virilità tanto preziosa e indispensabile per il sistema patriarcale. Io stessa ho difficoltà a mostrarmi anche semplicemente commossa, perchè so benissimo che non è una qualità desiderabile agli occhi di una società fatta da esseri che meritano sempre meno di essere definiti umani; che si burla di questa dimostrazione di buon cuore. 

Bisognerebbe rivalutare il valore di una lacrima come bisogno estremo di essere ascoltati, osservati, compresi, perché quando diventano troppe e troppo frequenti sono la spia che qualcosa dentro di noi è straripato, che il malessere è così impetuoso che rompe –troppo spesso- gli argini, così da esondare nei giorni di una vita che dovrebbero essere proficui, felici e pieni d’amore.

 

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