Letteral_mente. Una questione di famiglia, Claire Lynch -recensione -

Questa è la storia di Dawn e sua figlia Maggie, separate dalla vergogna, dall'umiliazione, e anche dal rancore del  marito Heron. La storia di un amore che, in un paesino nel Regno Unito degli anni '80, viene osteggiato ed esposto al pubblico ludibrio, solo perché sboccia tra due ragazze. Maggie, però, vuole colmare il vuoto dell'assenza di sua madre. La Grazia dei libri vi racconta "Una questione di famiglia" delicata e intensa, di Claire Lynch






Descrizione 




È il 1982 e Dawn, ad appena ventitré anni, ha già una figlia, Maggie, e un marito, Heron, che pianifica il loro futuro. Un futuro che, per quanto modesto, sembra avviato su binari sicuri. Finché Dawn non incontra una donna, Hazel, e quasi senza accorgersene se ne innamora. Decide di parlarne con il marito, convinta che lui, un uomo mite e benevolo, capirà. Non è così. Gli avvocati a cui l’uomo si rivolge gli consigliano di chiedere la custodia esclusiva di Maggie: donne “depravate” come sua moglie non possono occuparsi dei figli. Durante la dolorosa udienza in tribunale, Dawn viene dipinta come una figura pericolosa, una donna incapace di prendersi cura della sua bambina. È quindi costretta ad allontanarsi e a lasciare la piccola con il padre. Nel 2022 Maggie, ormai adulta, è madre di due figli, ha un marito dolce e premuroso e coltiva con il padre un rapporto quotidiano inossidabile: nel corso della sua infanzia e dell’adolescenza lui è stato tutta la sua famiglia. Alla figlia il padre ha sempre raccontato che sua madre l’ha abbandonata dopo averlo tradito. Null’altro. Quando però Heron scopre di avere il cancro e inizia a mettere mano ai documenti accumulati in una vita, Maggie trova le carte che raccontano la vera storia di sua madre e, scoperta finalmente la verità, decide di provare a rintracciarla.



Recensione 




Negli anni '80, in un piccolo paese del Regno Unito, l'omosessualità femminile è vista come una perversione, che non solo pregiudica l'equilibrio familiare, ma addirittura lo sviluppo psicofisico di una bambina. Questa è la storia di Maggie, figlia di Dawn, una donna che contravviene al matrimonio, alla maternità, a una vita programmata e "normale", perché si innamora di un'altra donna, Hazel.  

Quando lo dirà a suo marito, il mite Heron, sperando nella sua comprensione, lui proverà così tanto rancore che assolderà degli avvocati affinché, dopo il divorzio, allontanino per sempre Dawn dalla piccola Maggie. Purtroppo, riesce nell'intento: Maggie crescerà sola, con la convinzione che sua madre l'abbia abbandonata perchè una poco di buono, non ne voleva sapere di lei. Nonostante si sposerà e avrà anche due figli, di cui una bambina, quel vuoto dentro rimane. Ha vaghi ricordi delle sue premure, della favola raccontata prima di dormire, delle carezze, quindi rifiuta di credere che sia cattiva. Sta di fatto che se n'è andata. Una volta adulta, cerca delle risposte. 
E le trova. 

Un racconto spinoso a cavallo tra gli anni '80 e il 2022, un arco temporale dove si assiste a un cambiamento culturale, dall'omofobia alla normalizzazione dell'omosessualità, dall'essere considerata una depravazione a amore con pari dignità. Il personaggio più subdolo e insopportabile, per me, è stato Heron, il vero colpevole del trauma da abbandono della figlia: ferito nel suo orgoglio maschile (come ha potuto preferire una donna a me?) ha deciso che la miglior punizione fosse farle perdere la custodia, attraverso le strategie losche degli avvocati atte a dimostrare che non fosse una buona madre. Inizialmente ha qualche rimorso, ma la voglia di vendetta lo sovrasta.

Piegata dall'umiliazione e dalla vergogna, la povera Dawn non ha scelta: se vuole rincorrere un amore che all'epoca era considerato scandaloso, il prezzo da pagare è perdere la persona più importante del mondo. Ma non sarà così per sempre. Maggie, guidata da quel barlume d'amore che la mamma le ha lasciato, riesce a ricucire un legame che il risentimento di un uomo, suo padre, e l'odio di una società, avevano momentaneamente reciso. 

L'autrice narra in maniera attenta ai sentimenti, perché si tratta di una storia fragile, ma insieme potente. La delicatezza delle metafore, la cura delle parole, esprimono un grande rispetto per una sofferenza che è palpabile, e accarezza il lettore per rassicurarlo che non tutto è perduto. L'attesa di sapere cosa succederà a Maggie e Dawn, infatti, diventa spasmodica. Almeno, lo è stato per me. 

Un romanzo che riflette la regressione di questa società, della paura delle persone LGBTQIA+, dell'intolleranza, del giudizio, dell'odio,  ma anche del coraggio di una donna di guardare in faccia il dolore, per sanare la sua ferita, capire sua madre, anche lei vittima. E perdonarla. 



Libro consigliatissimo. 
Voto: 8  


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