Amici di penna. Cosa significa perdere il privilegio dell'infanzia? La libertà!
L'infanzia è forse il periodo della vita più bello perchè spensierato e privo di responsabilità, e il mondo sembra un posto meraviglioso. Quando siamo bambini godiamo di una protezione sociale e familiare che ci garantisce una vita serena ma, tutto sommato, ci tiene legati e dipendenti. Cosa si guadagna a perdere il privilegio dell'infanzia? La libertà
Sono sicura che, quando vi chiedono in quale momento della vostra vita vorreste ritornare, rispondete: l'infanzia. Nella maggior parte dei casi (per fortuna), si tratta infatti di un'età dorata in cui vivere sembra una cosa facile. Un bambino vive di cose semplici e vede tutto in maniera semplice, spontanea, anche se con piccole responsabilità, come la scuola, ma tutto sommato non c'è molto di cui lamentarsi.
La cosiddetta Generazione X, che ha vissuto il passaggio al nuovo millennio, si trova in un arco temporale che sta nel mezzo, perché è stata testimone di importanti cambiamenti sociali e culturali come l'avvento di Internet. Purtroppo, è anche una delle più sfortunate mai esistite dal Dopoguerra, che ricorda con tenerezza e nostalgia ogni Natale, compleanno, le partite di pallone in cortile, i giocattoli più belli e i cartoni animati più poetici e divertenti.
I bambini di allora, come me, sono stati gli ultimi a vedere il mondo senza Internet, e ci sentiamo un po' dei sopravvissuti perché sì, la tecnologia è una grande risorsa, ma i nativi digitali, in quanto tali, tendono ad abusarne.
In linea di massima, però, la considerazione dell'infanzia - con buona pace dei metodi montessoriani- è rimasta sostanzialmente la stessa, anche se i giovani adulti miei coetanei hanno altre priorità per i figli. Loro, come ogni bambino che nasce, hanno quello che io definisco privilegio dell'infanzia, una sorta di bolla dove i piccoli crescono, inconsapevoli degli orrori del mondo. Una scelta educativa che tende a ovattarli, e che più è favolistica e più renderà traumatico l'ingresso nella realtà.
Quando diventiamo grandi, il nostro pensiero può evolversi e farci intraprendere strade magari mai battute da nessun antenato della famiglia, si può diventare o essere qualcuno che i nostri genitori non riconoscono e, di conseguenza, possono non accettare. Per le generazioni precedenti, abituate alla fissità del tempo, alla stabilità ciclica degli eventi, a percorsi lineari e già programmati, è difficile o addirittura impossibile capire i cambi di rotta dei figli. Per molti, è inconcepibile che un figlio non desideri assomigliare a loro, non li idolatri e non li consideri al di sopra di ogni altra persona.
Ed è così che perdiamo per sempre il nostro placet, ovvero quando smettiamo di ricercare quella dipendenza così necessaria per chi ci ha generato. In questo modo cambia anche la percezione che abbiamo di noi stessi, perchè siamo coscienti di volere di più, essere di più. E che potremmo ottenere di più. Ci rendiamo conto di non essere più bambini quando proviamo il dolore del distacco.
Ciò che fa la differenza e ci permette di crescere, è la consapevolezza di non dover più chiedere il permesso a nessuno, non aspettare un segnale di approvazione e, tutto sommato, non è poi così male non essere più dei privilegiati, perchè scopriamo qualcosa di infinitamente più gratificante: la libertà!
Commenti
Posta un commento
Ti piace il mio blog? Seguimi anche su Facebook https://www.facebook.com/GraziaDeg87