Psyché. Cos'è il linguaggio patologizzante sui social? Combattiamo questa abitudine offensiva e irrispettosa

"Psicotatico/a", "pazzo/a", "malato/a mentale", "bipolare"  sono nomi di patologie psichiatriche, nonché  alcune delle offese più comuni utilizzate sui social e fuori. Il linguaggio patologizzante è un'abitudine irrispettosa che bisogna imparare a riconoscere e combattere, perchè una persona affetto da un disturbo psicologico merita dignità 


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Ci sono molti modi per offendere una persona, ma la tattica più comune e, a mio avviso, la più vile, è scoprire i suoi punti deboli e attaccarla, perché si otterrà sicuramente l'effetto sperato, cioè  l'umiliazione o lo scherno. Ancora più vigliacco è quando si ferisce una persona per una circostanza che non dipende da lei, come una malattia, un disturbo grave, una menomazione fisica evidente. 
Però, negli ultimi tempi, soprattutto dopo lo sdoganamento della psicoterapia e la lotta per favorire il benessere mentale, le ingiurie che vanno più di moda vengono dal vocabolario psichiatrico, più comunemente alle malattie mentali. 
"Psicotatico/a", "pazzo/a", "malato/a mentale", "bipolare"  sono nomi di patologie psichiatriche, nonché  alcune delle offese più comuni utilizzate sui social e fuori. Il linguaggio patologizzante è un'abitudine irrispettosa che bisogna imparare a riconoscere e combattere, perchè una persona affetto da un disturbo psicologico merita dignità. 
Perchè ho preso a cuore questa battaglia? 
Dopo che vivi certe esperienze di sofferenza sulla tua pelle, la tua prospettiva a riguardo cambia. Non che prima lo facessi,  così come non ho mai usato parole come "frocio" o "mongoloide", ma adesso ho, per così dire, diverse ragioni in più per irritarmi. Durante il mio periodo di depressione ma anche ora, che sto affrontando la psicoterapia, ogni volta che vengo insultata alcune persone godono a chiamarmi "pazza", "squilibrata" et similia. 
Purtroppo, riescono nel loro scopo: farmi sentire inadeguata, una persona anormale, magari anche pericolosa. Di questo ne ho anche parlato con lo psicologo, che sicuramente sa meglio di me quanto sia difficile tenersi lo stigma addosso. 
La malattia mentale è vista come qualcosa di oscuro, e la società è stata da sempre suddivisa in sani e malati, i quali venivano isolati, maltrattati e irrisi. Inoltre, si dà sempre più importanza e valore a una patologia fisica perché, soprattutto quando ci sono sintomi visibili, si tende a essere più compassionevoli, solidali. La malattia viene considerata un martirio o una guerra pubblicizzata, che implica sempre tanto rispetto e viene vista come una disgrazia immeritata. 
Se, invece, a soffrire è la mente, la situazione si capovolge: vieni accusata di fare la vittima, di volere attenzione, il tuo dolore viene ignorato e surclassato con la famosa frase: "Sta tutto nella tua testa, non hai niente". 
Perciò, spesso, l'unica maniera per renderlo visibile e degno di considerazione è quello di tagliarsi, bruciarsi, dimagrire fino ad affamarsi, o ingrassare fino a scoppiare. Per non parlare del tentativo di togliersi la vita. Solo così un/a paziente riceve le cure a cui ha diritto, perché fino a quel momento il suo dolore non esiste. 
Utilizzare questo frasario è crudele, e dice molto non di chi lo subisce, ma di chi lo fa. Dice che quella persona manca di sensibilità, empatia, comprensione, e io che so cosa significa iniziare la giornata sentendosi finiti, vivere nell'apatia, senza riuscire a dormire, piangere ogni momento, con la mente invasa da pensieri distruttivi, non tollero questa abitudine disumana. 
Sentivo il dovere di scrivere questo post per manifestare tutto il mio disappunto e la mia indignazione per questi comportamenti deprecabili, e spero che inizierete a farlo anche voi. 


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