Amici di penna. Ritrovare il piacere della convivialità, un altro segnale di guarigione

Da quasi tre anni vivevo in una condizione di solitudine, che era soprattutto un bisogno, ma non mi rendevo conto che fosse la risposta a un trauma. Mi sentivo protetta dentro i confini di me stessa. Oggi, lavorando con la psicoterapia, ho ritrovato il piacere della convivialità. Avere di nuovo contatti sociali e sentirsi parte di qualcosa, è un altro segnale di guarigione 


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La mia nuova vita inizia a procedere bene. Sono migliorata, ho cambiato assetto mentale e sto facendo tanti progressi che mi trasformeranno completamente non in un'altra persona, ma in quella che ero destinata a diventare. Ho dovuto imparare a perdere qualcosa, e qualcuno, per la strada, ma ho guadagnato tanto in termini di autostima, sicurezza e autodeterminazione. 

Credo di essere diventata anche un po' più egoista, quel tanto che serve per non farmi sopraffare dai pensieri e prevaricare dalle persone, che mi impedisce di elemosinare negli altri l'amore di cui necessito. Altro traguardo importante, è il miglioramento del mio dialogo interiore: adesso mi tratto con gentilezza e indulgenza, cerco di perdonare i miei piccoli errori, ridimensionare gli eventi. Un cambiamento straordinario avvenuto in meno di un anno di terapia. 

C'è ancora qualche sbavatura nei miei comportamenti che devo ripulire, ma non riguarda il rapporto con me stessa, bensì con gli altri. Da circa tre anni, vivo in uno stato di beata solitudine,  un'esasperazione della mia naturale introversione. Amo andare al cinema, fare lunghe passeggiate, prendere un caffè, leggere un libro, con la mia sola compagnia. Dopo anni passati a compiacere le persone e adattarmi ai loro passatempi, lo ritenevo curativo. 

Ma non mi ero resa conto che quel bisogno di protezione mi stava isolando troppo.  Probabilmente, è la risposta a un trauma.  

Avevo cominciato a evitare le persone in quanto tali, perché le consideravo un potenziale pericolo. Questo non era sano. Difatti, è in corso una sorta di riabilitazione sociale grazie alla quale ho assaggiato un po' di convivialità. Niente di straordinario, un reinserimento graduale e tranquillo, rispettando sempre le mie inclinazioni: non amo luoghi affollati e rumorosi, nè attività spericolate. 

A me bastano un gelato, una passeggiata, una bella chiacchierata, anche di cose leggere, per stabilire una connessione autentica. In questo momento, andare in profondità mi spaventa, ma restare in superficie mi annoia terribilmente, quindi cerco di trovare il giusto equilibrio. Ho scoperto due lati della mia personalità che spesso confliggono, ma il prevalere di uno o dell'altro mi fa comportare in maniera diversa, a seconda delle circostanze. Non è una cosa così strana e io non mi sento una pazza per questo: tutti noi abbiamo delle contraddizioni, atteggiamenti che non riusciamo a spiegarci, che addirittura ci fanno soffrire. 

Costruire un po' di vita sociale sarà fondamentale, anche se cercherò di dare la priorità sempre alle mie esigenze e ai miei desideri. Inizialmente era strano, mi sentivo anche in colpa per preferirmi agli altri, poi, mi sono abituata. Ed è stato bellissimo. 

 









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