Amici di penna. Spaccata in due: quando la nuova te si sta affacciando, ma la vecchia ancora non va via
Il percorso di ricostruzione di sé è affascinante, lungo e pieno di paradossi. In questo momento mi sento diversa, eppure sono ancora uguale. A volte non mi riconosco in alcuni atteggiamenti e pensieri, e questa è una cosa positiva perché indica una guarigione, ma al contempo ci sono ancora comportamenti disfunzionali da correggere. Mi sento come spaccata in due: la nuova me si sta affacciando timidamente al mondo, ma quella vecchia non si decide ancora ad andare
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Fra qualche mese si concluderà il mio percorso di psicoterapia, che cominciai a novembre dello scorso anno. Varcai la soglia dello studio cosciente che quello fosse l'atto d'amore più grande che potessi fare per me stessa: guarire. Dalla mia ferita emotiva, dai miei traumi, da quella convinzione di non essere abbastanza per alcuni, e troppo per altri il che, in entrambi i casi, significava essere esclusa.
Ho anche scoperto lati spiacevoli del mio carattere, come il perfezionismo, la mania di controllo, e il modo in cui la mettevo in pratica: il DOC. Ho imparato a gestire l'ansia che ne deriva, e a non farmi travolgere dai pensieri, che durante la depressione mi distruggevano, e sto lavorando per bilanciare il dare e il ricevere nelle relazioni. Ho sempre attuato dei comportamenti non sani che mi spingevano alla dipendenza, all'incapacità di porre limiti, al mio disvalore, perché quella piccola me che non si è mai sentita amata era alla disperata ricerca d'amore, accettazione e comprensione. E avrebbe fatto di tutto per averne anche solo qualche briciola.
Ma, un giorno, è accaduto qualcosa di commovente: ho abbracciato quella bambina timida e insicura, e le ho detto che è perfetta così com'è, che la amo, e farò del mio meglio per proteggerla. Non sarà più costretta ad abbassare il suo valore per farsi amare, ma cercare qualcuno che lo accresca. A esaltare le sue qualità, che sono tante, e mi avevano convinto di essere una presuntuosa, in realtà valevo niente. Invece, il fatto era che non dovevo disturbare la loro mediocrità. Davo fastidio perché brillavo più di loro, e non mi sforzavo nemmeno.
La psicoterapia è come una ruspa che affonda dentro di te per portare alla luce quello che, per sopravvivere, hai imparato a nascondere. In alcuni momenti è stato faticoso, pesante e doloroso, ma non ho mai pensato neanche un attimo di mollare. Per usare un'altra metafora calzante, è come quando per aggiustarti un arto devono spezzarti le ossa e ricomportele. Fa malissimo, ma è necessario per tornare a camminare. E io volevo cominciare a correre.
Il percorso di ricostruzione di sé è affascinante, lungo e pieno di paradossi. In questo momento mi sento diversa, eppure sono ancora uguale. A volte, non mi riconosco in alcuni atteggiamenti e pensieri, e questa è una cosa positiva perché indica una guarigione, ma al contempo ci sono ancora comportamenti disfunzionali da correggere. Mi sento come spaccata in due: la nuova me si sta affacciando timidamente al mondo, ma quella vecchia non si decide ancora ad andare.
A volte mi chiedo chi sono, se quello che verrà fuori mi piacerà, oppure avrò il desiderio di tornare quella di prima. Il dottore mi ha spiegato che per educarsi a reagire in maniera differente a quella disfunzionale, ci vorrà parecchio tempo, quindi devo solo cercare di creare buone abitudini e far diventare tutto diciamo automatico. Da quello che vedo, però, inizio a rispondere bene, mi sento più forte e più intraprendente. La sola criticità che conservo, è quella di isolarmi un po'.
Ho provato ad aprirmi, partecipare alla convivialità, ma nella maggior parte dei casi rifuggo. Oltre a sentirmi sempre un po' fuori posto e inadeguata in mezzo agli altri e in situazioni diverse da quelle a cui sono abituata, ho problemi di fiducia che mi hanno fatto apprezzare di più la mia compagnia. E ciò, non solo per me ma per chiunque, credo sia una cosa buona.
Devo avere tanta pazienza con me stessa, come quella che ho avuto con tutte le persone che mi hanno fatto del male, in attesa che mi dessero quello che non avevo mai avuto.
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