Amici di penna. Le donne non vengono prese sul serio, a meno che rinuncino a competere con gli uomini

A meno che non decidano di restare nell'angolino che viene loro riservato, le donne non vengono mai considerate. Non è retorica, è realtà dei fatti: le donne competitive, soprattutto nei settori maschili, qualificate e intelligenti, vengono sbeffeggiate con velenosi promemoria sulla loro condizione femminile, come se una minor forza fisica, il ciclo mestruale o la gravidanza fossero condizioni di naturale inferiorità. Alle donne che vogliono essere qualcuno viene sempre fatta terra bruciata intorno, e a bruciare i confini è sempre qualche uomo che si sente minacciato



Ph. Pixabay




Se non fosse per l'obbligo delle tanto amate (e odiate) quote rosa, a volte ci si dimenticherebbe che sulla Terra esistono anche le donne. Donne che lavorano, contribuiscono al PIL del Paese (e potrebbero fare anche meglio, se solo i loro stipendi fossero equiparati a quelli dei loro colleghi uomini) e, in misura minore a causa di quanto detto sopra, all'incremento della demografia. 

Almeno sulla carta, quella che si è venuta a creare nell'ultimo decennio parrebbe una situazione di parità, anche perché uomini (e donne) troppo concentrati a rinforzare gli stereotipi di genere, affermano con un filo di soddisfazione che: "ormai la situazione è cambiata, abbiamo gli stessi diritti. Solo che voi continuate con lotte inutili perché vi piace fare le vittime". 

Le lotte delle donne sono inutili. 

Sono inutili? Ditecelo un po' voi, uomini. 

Gli uomini, che nascono con il privilegio in mezzo alle gambe, uno scettro di potere davanti al quale le donne devono -letteralmente- genuflettersi, e gli altri uomini attaccare per imporre la propria supremazia, stabiliscono per cosa si debba  lottare. Decidono cosa e dove devono vivere, possibilmente lontano dai loro domini. 

Nel caso in cui vengano sfidati, e parlo solo di quelli di poco spessore, che non sanno collaborare con le donne, questi individui fanno di tutto per sminuire e rendere loro la vita difficile, ostacolarne il percorso anteponendo ai loro sogni e necessità gli obblighi di cura, l'infamia che marchia una sessualità libera, i sensi di colpa per scegliere come vivere la propria vita. 

A meno che non decidano di restare nell'angolino che viene loro riservato, le donne non vengono mai considerate. Non è retorica, è realtà dei fatti: le donne competitive, soprattutto nei settori maschili, qualificate e intelligenti, vengono sbeffeggiate con velenosi promemoria sulla loro condizione femminile, come se una minor forza fisica, il ciclo mestruale o la gravidanza fossero condizioni di naturale inferiorità. Alle donne che vogliono essere qualcuno viene sempre fatta terra bruciata intorno, e a bruciare i confini è sempre qualche uomo che si sente minacciato.

Le lotte delle donne sono inutili? Ditecelo voi, donne. 

Donne che, dati alla mano, studiano di più e con più profitto, cercano l'indipendenza anche se non come valore personale da perseguire, ma in funzione di altre dipendenze (devi imparare a cucinare, perché tuo marito/figli devono mangiare). Oppure donne che, nate sotto la sferza, sono convinte che la normalità sia starsene da parte, non parlare, non chiedere, non uscire, non respirare. Non vivere. Per giunta, sono anche le prime sostenitrici di mascolinità tossica e rivalità femminile. 

Per chiosare: io sarò sempre dalla parte delle donne, ma non invoco la loro superiorità, nè ho come obiettivo distruggere gli uomini. Semplicemente, non permetterò mai a uno di loro di distruggere me. Mi impegnerò sempre a ricercare nelle loro narrazioni l'errore che non ci qualifica, o fantomatici meriti che li pongano a un livello di superiorità inesistente. 

La verità è una: l'autostima  degli uomini spesso non si basa su un miglioramento di se stessi, ma sulla prevaricazione. Se non riescono a farlo, si sentono fragili. E loro hanno paura della fragilità, perché la associano al femminile. Noi, invece, lottiamo. Non siamo fragili per niente. 




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