5/06/24

Amici di penna: perchè lo scrittore non viene mai preso sul serio?

Nonostante molti non ci prendano sul serio, scrivere per noi è un lavoro. Il fatto che proprio nella patria di Dante Alighieri e altri illustri esponenti della Letteratura sia considerato un hobby, la dice lunga sul livello culturale odierno. Scrivere non richiede solo creatività, ricerca e fantasia ma metodo, disciplina e, talvolta, sacrifici. I più fortunati di noi che hanno tempo a disposizione, possono organizzare buona parte della loro giornata in base alla cosiddetta ora di scrittura



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"Che lavoro fai?"
"Lo scrittore"
"Oh, bello! Ma ti ho chiesto che lavoro fai"



Quante volte abbiamo dovuto fare spallucce durante una conversazione in cui ci ponevano questa domanda? Per quanto mi riguarda, io non ho mai potuto dire apertamente, se non negli ambienti culturali consoni, che sono una scrittrice (inteso nel senso più ampio, anche di content creator per la pagina, ad esempio). 

Se quando dico di essere giornalista vengo presa più sul serio, perché possiedo un tesserino di iscrizione all'Albo Nazionale che lo avvalora, quando dico di essere (e non fare) la scrittrice vengo guardata con un misto di ammirazione e compassione dal cittadino medio. E sono sicura che succeda anche a voi. 

So bene che questo è molto frustrante perché, analizzando la situazione attuale del Belpaese, la nostra categoria non se la passa molto bene: gli italiani leggono sempre meno, ma scrivono in tantissimi. Sorvolando sulla qualità letteraria delle opere, direi che questo paradosso sia all'origine della crisi del settore editoriale che sta flagellando diversi piccoli e medi editori. 

I lettori di massa, diciamo così, dal canto loro prediligono storie di evasione, anche molto leggere, e nella maggior parte dei casi richiedono un linguaggio semplice e "democratico", nel senso che possa essere fruito anche dai meno eruditi. E ciò, a mio avviso, svaluta fortemente l'esercizio stilistico di un autore. Un aiuto forse arriva dai social, con la diffusione dei trend in linea con le uscite mensili (vedasi Booktoker e affini, che spopolano anche nelle librerie più tradizionali) o le collaborazioni con le Case Editrici. 

Ma tutto ciò non basta. 

Alla base di qualunque rivoluzione che dovrebbe essere messa in atto, c'è la considerazione del ruolo dello scrittore. Ma attenzione, non basta mettere mano a un programma Word per dichiararsi tale, e vi spiego perché. 

Nonostante molti non ci prendano sul serio, scrivere per noi è un lavoro. Il fatto che proprio in Italia, patria di Dante Alighieri e altri illustri esponenti della Letteratura sia considerato un hobby, la dice lunga sul livello culturale odierno. Scrivere non richiede solo creatività, ricerca e fantasia ma metodo, disciplina e, talvolta, sacrifici. I più fortunati di noi che hanno tempo a disposizione, possono organizzare buona parte della loro giornata in base alla cosiddetta ora di scrittura. 

Si tratta di un lavoro perchè impiega gran dispendio di energie mentali e spesso, proprio in virtù di questa sottovalutazione, non viene pagato e inquadrato regolarmente nell'ambito lavorativo. C'è anche da dire che il lavoro intellettuale viene declassato in maniera rozza da chi, invece, lavora con le mani. E anche questo è un forte pregiudizio nei confronti di chi ha studiato, e ha cercato di costruirsi un avvenire. 

Chioso questo post venato di polemica con una riflessione: se aumentassero i lettori e diminuissero qualitativamente gli scrittori, garantendo anche una migliore qualità delle opere (e mi riferisco a qualsiasi genere narrativo), non si rimedierebbe anche a questa penuria culturale? 








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