2/19/24

Psyché. (af)fidarsi: quando il bisogno di proteggerci porta alla solitudine

Spesso ci chiudiamo in noi stessi perché avvertiamo il bisogno di proteggerci dal mondo. Ma ciò, anche se può sembrare una buona soluzione, in realtà è deleterio per la salute mentale. La paura di fidarci (e affidarci) agli altri perché non vogliamo soffrire, può essere un interessante argomento di discussione in una seduta di psicoterapia


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Capita a tutti, dopo una delusione o un momento di sofferenza causato da un rapporto naufragato, di avvertire il bisogno di stare soli con se stessi. Si tratta di un distacco fisiologico per riprendere in mano le redini della propria vita, lavorare sui nostri limiti, capire gli errori commessi per poter ripartire. 

Il vero problema si presenta quando sopraggiunge la paura e, di conseguenza, il rifiuto di avere una vita sociale o conoscere nuove persone. Quella che era la nostra comfort zone, ovvero crogiolarci nella solitudine, inizia a diventare una pericolosa abitudine. 
La paura di (af)fidarci agli altri perché non vogliamo soffrire, può essere un interessante argomento di discussione in una seduta di psicoterapia. 

Per alcune persone diventa veramente difficile instaurare legami stabili e duraturi a seguito di esperienze infelici o veri e propri traumi. Stabilire una nuova routine sociale tuttavia è necessario, perché la chiusura totale è deleteria per la salute mentale. Non solo: evitare qualunque forma di contatto con l'esterno preclude tante opportunità di arricchimento  e conoscenza di cose e persone stimolanti. 

Il focus dell'ultimo incontro ha riguardato proprio questa paura, e quindi la fissazione di dover controllare ogni aspetto della vita. La causa di tutto ciò è un'incapacità di gestire gli imprevisti, ma naturalmente ci sono volte in cui questi capitano e basta. Ed è in questo frangente che si innesca l'ansia. La chiusura e l'evitamento delle interazioni deriva da un bisogno di proteggersi, ma dobbiamo comprendere che mettersi in gioco e rischiare è l'unico modo per provare a essere felici. Altrimenti, rischieremmo di stagnare. 

Questo argomento mi ha molto turbata, perché nonostante la mia volontà di stare bene ho ancora un blocco nel donare una parte di me. Il pensiero di investire emotivamente su qualcuno  mi fa star male, non ce la faccio ancora. Sento il bisogno di proteggere quella parte di me che ho donato troppe volte e non è mai stata amata. Ma mi rendo conto, a livello razionale, che le mie resistenze sono  controproducenti per il mio percorso di guarigione. 

Dovrò affrontare anche una psicoterapia, in quanto attenuare i sintomi fisici dell'ansia e della depressione non basta, ma voglio sforzarmi di essere ottimista. Sicuramente sto molto meglio di prima, ma non è ancora finita. Il cammino è ancora lungo. 
 



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