12/13/23

Psyché. Che cos'è l'ansia e cosa si prova ad assumere antidepressivi

Per il secondo appuntamento con la rubrica  Psyché, analizzerò nello specifico quello che ormai è considerato il male del secolo: l'ansia. Inoltre, in occasione del primo mese di trattamento, descriverò cosa si prova ad assumere un antidepressivo e quali effetti ha avuto sulla mia condizione 


Ph. Pixabay



Dal giorno in cui è stata inaugurata questa rubrica a oggi, è passato più di un mese. Il malessere con cui ho convissuto per quasi due anni è ormai tenuto sotto controllo non solo dai farmaci, ma anche da un mio sforzo ulteriore nel cambiare atteggiamento mentale, cosa tutt'altro che semplice, che sta determinando un effettivo miglioramento. Ma andiamo con ordine nel trattare i diversi punti. 


Cos'è e come si manifesta l'ansia


Come ho detto anche nello scorso post, la mia diagnosi è stata di ansia depressiva, ovvero una forma di depressione fortunatamente non grave, e un disturbo di ansia lieve. Ho sempre saputo di essere una persona ansiosa, durante l'adolescenza ho sofferto di attacchi di panico e questo particolare è stato decisivo per la mia valutazione. Quello che non sapevo, era che l'ansia si può manifestare in molti modi diversi, assolutamente insospettabili. Bisogna fare una piccola premessa: l'ansia è uno stato  fisiologico dell'essere umano che, in alcune circostanze, è funzionale e normale, ma quando è eccessiva diventa invalidante. 
Ci tengo a precisare che tratto esclusivamente il mio punto di vista, in quanto ognuno può reagire e sentirsi in tanti modi e tutti validi, per cui nel mio caso si estrinsecava attraverso, potrei dire, i miei tratti di personalità. 

Sono una perfezionista, che di per sé è già una manifestazione ansiogena: mi piace tenere le cose sotto controllo, tendo a organizzare le mie attività giornaliere in maniera meticolosa (mi servo delle cosiddette to do list)  e cerco di evitare il più possibile gli imprevisti. Nel momento in cui se ne verificano uno o di più, ho reazioni che vanno dal semplice fastidio alla rabbia, anche piuttosto intensa. Mi sono sempre messa sotto pressione, imponendomi l'obbligo di farcela da sola in ogni ambito della vita, che si trattasse dell'università, della ricerca di un lavoro, ma anche la risoluzione di problemi personali. Spesso, anche a costo di rimetterci in termini di salute mentale, in quanto in una fase della mia vita ho sperimentato  una sorta di esaurimento emotivo. 

Al tempo stesso, il terrore per il fallimento, determinato dalla scarsa autostima, mi portava a livelli di ansia insopportabili e quindi chiedevo aiuto agli altri. Però, poiché consideravo le richieste di supporto come qualcosa di vergognoso, si innescavano di nuovo la rabbia e la frustrazione, che andavano a rinforzare quell'immagine di me che era sostanzialmente negativa. A lungo andare, questo meccanismo mi ha deteriorata al punto che ho avvertito l'esigenza di chiedere aiuto. Naturalmente, dopo aver tentato di superare il malessere psicologico con i mezzi (inefficaci) che avevo a disposizione. 


L'antidepressivo, una routine non facile da acquisire



Sembrerà una stupidaggine, ma ho riscontrato delle difficoltà, dal punto di vista psicologico, ad abituarmi all'uso dell' antidepressivo. Non lo accettavo, mi faceva sentire una malata, una debole. Per una persona che non si ama questo è uno stato molto penoso, ma per fortuna è stato transitorio. Dopo un'attenta analisi interiore, ho convenuto che dovevo farlo per il mio bene, e adesso non solo è diventato un gesto quotidiano, ma comincio a godere finalmente dei suoi benefici. 

Il più atteso è sicuramente l'eliminazione dell'ansia e della ruminazione mentale: non ho più quei pensieri distruttivi che mi  facevano sprofondare nella disperazione e nell'apatia. Per buona parte della giornata sono di buon umore, mi sento attiva e ho voglia di uscire. Sto cercando di combattere le mie piccole fissazioni, per esempio smettendo di essere pignola (anche questo è più facile a dirsi che a farsi).  All'inizio del trattamento ho dovuto sopportare qualche effetto collaterale, come insonnia, sonnolenza e confusione, ma dopo la prima fase di adattamento si è risolto tutto. 


Ora che sto meglio, sono giunta a una conclusione: è valsa davvero la pena di chiedere aiuto, soprattutto vedere i progressi che sto facendo mi rende molto più fiduciosa per il futuro. 


Nessun commento:

Posta un commento

Ti piace il mio blog? Seguimi anche su Facebook https://www.facebook.com/GraziaDeg87

Amici di penna: perchè lo scrittore non viene mai preso sul serio?

Nonostante molti non ci prendano sul serio, scrivere per noi è un lavoro. Il fatto che proprio nella patria di Dante Alighieri e altri illus...