6/05/23

Amici di penna. Body shaming: quando siamo noi a esercitarlo?

Che cosa succede quando siamo noi a prendere in giro, criticare e giudicare gli altri sul loro aspetto fisico? Avete mai pensato che, con tanta leggerezza a volte, diciamo delle cose offensive sui difetti fisici di qualcuno? Vi siete mai chiesti perchè accade questo? 

Ph. Pixabay




A tanti di noi è successo di subire bullismo a scuola per il nostro aspetto fisico: denti non perfettamente allineati, occhiali molto spessi, una camminata bizzarra, oppure chili in più o in meno che rendevano il nostro corpo oggetto di derisione. 

Non è difficile immedesimarsi nello stato d'animo di chi subisce continue vessazioni e umiliazioni, ed è anche naturale prenderne le difese, ma vi siete mai chiesti com'è stare dalla parte dei bulli? 
E cosa succede quando, invece, siamo (o eravamo) noi i bulli? 

La mia riflessione parte da questo assunto: in una società basata sempre più sull'immagine, sull'apparire, e soprattutto sul desiderio di approvazione, un po' tutti abbiamo interiorizzato i canoni estetici ai quali si cerca in tutti i modi di aderire. La bellezza fisica è solo l'esempio più conosciuto, ma ce ne sono diversi. 

Oramai, la corrente di pensiero secondo cui  la bellezza sta negli occhi di chi guarda è considerata obsoleta, perchè la moda e i modi con cui viene divulgata, ovvero attraverso mezzi potenti come i social network, impone ogni giorno una nuvova tendenza per cui bisogna indossare un determinato modello di pantaloni, o acconciarsi i capelli in un certo modo, truccarsi usando alcuni colori invece di altri ecc. E ciò palsma i nostri gusti in qualunque ambito. 
 Ma da cosa nasce questo bisogno impellente di puntare il dito? 

La voglia di uniformarsi, accettarsi e farsi accettare da chi ci sta intorno porta, in maniera più o meno inconsapevole, a bollare chi non rispetta questi standard e va in giro con le scarpette basse, le sopracciglia non rasate, il corpo non ben scolpito o molto esile. Essere alla moda, nella peggior accezione, è un requisito fondamentale, così come essere disposti a esibirsi, per soddisfare quella vanità indotta dal consumismo. Un consumismo sia di merci che di corpi, che vengono classificati e giudicati come prodotti da banco. 

Ammettiamolo: quante volte abbiamo fatto commenti non tanto simpatici su chi era seduto vicino a noi in autobus, o abbiamo criticato qualcuno che, a nostro dire, era vestito male? Abbiamo sempre avuto buone intenzioni, ma a volte ci lasciamo andare a condotte anche denigratorie, senza toccare strati di gravità maggiore come la violenza. 

Esiste una forma di controllo sociale che, purtroppo, è in grado di soppiantare la libertà di essere se stessi soprattutto nei soggetti più fragili, come gli adolescenti, e che spesso crea veri e propri squali. Chiunque può diventare vittima o carnefice, e i ruoli si possono perfino invertire: accade che alcuni ragazzi che hanno subito bullismo iniziano a disprezzare gli altri, esattamente come è stato fatto con loro, oppure chi bullizza subisce vendetta. Accade anche questo. 

La mia esperienza di vita mi ha insegnato che non esistono i totalmente buoni o cattivi, ma circostanze che tirano fuori lati peggiori o migliori delle persone, ma ciò non deve costituire assolutamente una giustificazione. Infatti esistono anche la cattiveria gratuita, l'immaturità e soprattutto l'ignoranza, per le quali non devono mai essere ammesse scuse. 

Io credo che il primo passo per arginare questi comportamenti nocivi, ma anche solo la logorrea che parte automatica su determinate scelte, sia rendersene conto per porre rimedio. Infatti, solo le persone che non si accorgono di far del male agli altri perseverano, credendo di averne il diritto. 

Basta capire un concetto semplice: non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te. 




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