11/14/22

Amici di penna. Come nasce una scrittrice. La mia storia

Fra le tante domande che mi hanno posto, da quando ho pubblicato il mio primo romanzo, non c'è mai stata quella più comune, ma che per uno scrittore o scrittrice non è mai banale: "com'è nata la tua passione per la scrittura?" Così ho deciso, durante questo periodo di vuoto, di raccontarmi, per ravvivare in me questa scintilla che dà origine al sacro fuoco 


Ph.Pixabay




A seguito di un problema che fa capo a una questione incresciosa, ovvero quella con la mia prima Casa Editrice, ho deciso di prendermi un periodo di pausa dalla scrittura. Mi sento oberata dalle paure e dai brutti pensieri, e ciò è deleterio per la mia ispirazione che, secondo la mia esperienza, si può solo cercare e mai forzare. 

Mi sento come se mi avessero riaperto una brutta ferita e che abbia ripreso a sanguinare, procurandomi tanto dolore. Un dolore antico, un senso di fallimento e uno stordimento che, all'epoca, mi aveva disorientata. 

Il fatto che abbia deciso di prendermi una pausa per risanarmi, ancora una volta, mi pone in una situazione di vulnerabilità e vuoto dal punto di vista artistico. Io concepisco l'attività creativa come qualcosa di riflessivo e immersivo, per interpretare la realtà e forgiare ogni volta una nuova chiave per aprire me stessa. Ho impiegato molti, molti anni per comprendere quale fosse il senso della mia scrittura, leggere le mie emozioni. In questo post non ho bisogno di narrare il mondo, ma me stessa.

Ho cominciato da bambina, ero molto piccola. 

L'approccio è stato semplice e naturale, posso dire che la mia attrazione per le Lettere sia scattata appena ho imparato a tenere una penna in mano. In Prima Elementare sapevo già scrivere alcune parole, merito di una classe preparatoria che le maestre dell'ultimo anno di asilo (privato) mi avevano fatto frequentare. Non ho mai avuto alcun problema nemmeno con la lettura, che è subito diventata la mia più cara amica. 

Leggevo dovunque e qualunque testo scritto, e soprattutto scrivevo, sperimentavo, esploravo le mie capacità e lasciavo fluire il mio estro, che naturalmente era proporzionato alla mia maturità. Durante i lunghi pomeriggi invernali mi dedicavo con tutta l'anima e la fantasia a formare i primi pensieri, le parole, e poi iniziai a raccontare. L'infanzia è il periodo più florido, ricco di significato, ma anche impetuoso. Avevo esigenza di riempire le pagine, le intere agende, di tutto quello che ero. E ho conservato questa capacità introspettiva fino a ora. 

Ho il ricordo di una bambina introversa e sensibile, che faticava a socializzare e si sentiva diversa a causa della sua malattia genetica. All'epoca, il fenomeno del bullismo era ritenuto sporadico, una sorta di palestra per imparare a difendersi. Una concezione assolutamente pericolosa.  Sempre più spesso si rifugiava dentro le righe di un quadernino, per inventare un mondo a sua immagine, popolato di personaggi bizzarri ma buoni, che non la emarginavano

Cominciai a manifestare questo talento anche nei temi, quando proseguii i miei studi di base fino alle Medie. Alle lodi delle professoresse, che mi davano i voti più alti, però, spesso corrispondevano manifestazioni di invidia da parte delle compagne di classe, le quali mi prendevano in giro per il mio lessico molto ricco per la mia età, e mi ferivano definendomi una presuntuosa. "Chi ti credi di essere?" è stata la domanda che mi ha perseguitato per anni. E, alla fine, ho creduto veramente di essere nessuno. 

Ciononostante, continuai a scrivere in segreto fino al Liceo (scelsi l'indirizzo Socio-Psico-Pedagogico), quando vidi affisso a una bacheca nel corridoio della scuola un bando per un Concorso Letterario anche piuttosto importante, indetto dal FENALC. Senza troppe speranze inviai un racconto e, un paio di mesi dopo, il miracolo: una lettera a casa mi annunciava che avevo ottenuto una menzione speciale, e avrei dovuto presentarmi alla premiazione. Avevo 15 anni, e il successo a quel concorso si replicò con altre tre segnalazioni di merito. Iniziai a crederci davvero. 

Quando mi iscrissi all'università, nei ritagli di tempo fra una lezione e l'altra, persino a pranzo, io scrivevo, annotandomi tutte le idee su trame e personaggi. Dopo la Laurea, decisi che scrivere non sarebbe più stato solo un hobby: risposi all'inserzione di recruitement trovata su Facebook di una testata giornalistica, Zerottonove.it, e iniziai una promettente collaborazione. La mia vocazione erano eventi artistico-letterari, recensioni di libri e musica. Tanta gavetta che, alla fine, mi ha permesso di ottenere il tanto agognato tesserino di Giornalista Pubblicista. Ora, infatti, sono iscritta all'Albo, ed è stata indubbiamente una delle priù grandi soddisfazioni della mia vita.

Nel frattempo, arrivò anche un'altra, grande gioia letteraria: partecipai alla 17esima edizione del Concorso Internazionale Letterario-Artistico "La Piazzetta", indetto del Centro Artisti Salernitani, e vinsi nella categoria di Narrativa. Un folgorante Primo Posto. Avevo 27 anni, qualche anno prima del mio debutto nell'editoria. 

A volte, ho l'impressione che tutto questo cammino mi sia servito a ben poco, non solo per gli ostacoli, ma perchè non sono riuscita a sbocciare come avrei voluto. Non ho più una testata giornalistica (pochissime quelle che hanno risposto alle mie mail, nessuna che ragionasse di pagamenti) e sono  impantanata in un'infelice contratto con una CE. 

Probabilmente, l'esigenza che ho avuto oggi di ripercorrere la mia carriera è dovuta a un intimo bisogno di approvazione, o per ricordarmi che qualcosa di buono in 35 anni l'ho fatto. O, almeno, ci ho provato. 








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