Amici di penna: Disoccupazione giovanile e il peso delle conquiste degli adulti

Oggi, giovani Laureati con Master, specializzazioni e tanti attestati da poter riempire intere pareti, vengono puntualmente ignorati. Il Mercato del lavoro pretende alti profili professionali, ma fa di tutto per non riconoscere ai candidati i diritti e i meriti. La disoccupazione sta generando eserciti di giovani depressi, che non avranno diritto a niente ma devono sopportare il peso delle conquiste degli adulti






"Io alla tua età ero già sposata e avevo due bambini". 
"Io a diciotto anni lavoravo già in fabbrica. Tu, invece, studi".
 
Come se studiare non fosse un mestiere, e anche bello gravoso. Come se fosse divertente alzarsi alle sei del mattino, essere in aula alle otto e trenta e uscirne alle sei di sera. Perchè gli studenti amano essere umiliati, maltrattati dai professori, messi sotto pressione dai genitori, ed essere delusi da loro stessi quando falliscono qualche prova. 

La speranza di qualunque giovane ragazzo o ragazza, è quella di essere ricompensati di tutti i sacrifici trovando un buon lavoro, il lavoro dei propri sogni, e avere la possibilità di scegliere la propria vita, investire sul proprio futuro. Ma poi c'è quel già, un avverbio di tempo piccolo ma pesante, carico di ansie, paure, aspettative, mortificazioni. Un avverbio che spesso gli older usano per stabilire una sorta di supremazia, come se aver ottenuto tutto non fosse anche merito dei tempi favorevoli, quando bastava  solo la terza media per lavorare in un ufficio comunale. 

Oggi, gli studenti e studentesse che devono sentirsi in debito perchè è grazie ai loro sacrifici se hano avuto la possibilità di non rinunciare allo studio, ssono gli stessi che entrano in depressione perchè non riescono a trovare un lavoro gratificante, o perlomeno quello per cui i genitori hanno sborsato migliaia di euro per le rette universitarie. 

I continui paragoni, le derisioni, le pressioni delle aspettative sociali e familiari, contribuiscono a far sentire coloro che hanno scelto lo studio degli inetti, perchè non è sempre vero che sono svogliati e disinteressati. Soprattutto quando, una volta laureati, questi giovani non trovano occupazione, perchè prima il mercato di lavoro pretende alti livelli di skills e poi cerca ogni modo, legale o meno, di sfruttare le competenze dei candidati senza dare ciò che spetta loro: stipendio, sicurezza, diritti. Ormai non esiste più la stabilità del contratto a tempo indeterminato, ma i datori si prendono la libertà di rinnovare o meno contratti sempre più precari, e che non consentono una stabilità in alcun ambito. Quindi, la vita è dura e piena di incertezze anche per chi un lavoro lo trova. 

Molti di quelli che considerano i giovani d'oggi schizzinosi, amanti della bella vita e che sono incapaci di compiere sacrifici per rendersi autonmi, forse non considerano il fatto che l'epoca non è favorevole per noi. Loro hanno vissuto anni di relativo benessere, con una moneta che valeva il doppio di quella di oggi e che, quindi, aveva più potere d'acquisto. Ergo, i prezzi calmierati in base al PIL permettevano di vivere in una tranquilla comodità che consentiva di prefissare delle tappe: studiare, lavorare, sposarsi, fare figli, andare in pensione. 

Oggi, più della metà dei figli di costoro non avranno diritto a un bel niente: si pensa a spremere i lavoratori anziani e a conservarne il posto, piuttosto che dare l'opportunità a un/a giovane di formarsi e fare esperienza. Il cosiddetto mancato turn over, sta creando eserciti di ragazzi che, anche oltre i trent'anni, sono costretti a vivere ancora nella casa familiare perchè non hanno strumenti nè possibilità per vivere, nonostante il livello di scolarizzazione in molti casi sia alto. 

No, non è giusto adattarsi a ogni lavoro pur di guadagnare. Nemmeno padri e madri dovrebbero mai essere costretti a subire ricatti e minacce per dar da mangiare alla famiglia. 

Non è giusto farsi maltrattare, sottopagare e dover anche ringraziare. 

Non è giusto, per le donne che fanno colloqui, rispondere alla domanda: "Ha figli? Intende averne?" per poi vedersi rifiutata a vantaggio di un uomo, magari scapolo e senza prole. 

Da quando ho scritto la mia Tesi sulla disoccupazione giovanile non è cambiato proprio niente. Anzi, mi ci trovo dentro anch'io con tutte le scarpe. Scrivo di questo argomento con cognizione di causa, poichè anch'io faccio parte di quell'esercito di giovani, con una Laurea in materia umanistica (che viene maggiormente snobbata), che  deve combattere con la depressione per il fallimento della propria vita. Senza prospettive, senza possibilità di emanciparsi dalla famiglia d'origine, ma con tutto il peso delle conquiste degli adulti che non esitano a scaricare addosso. 

E non sanno che la colpa di tutto è (anche) loro. 




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