La vera famiglia è chi scegliamo di amare
Vi do il benvenuto nel primo post della rubrica "Amici di penna", uno spazio dove mi racconto, condivido con voi i miei spunti di riflessione colti dalla realtà quotidiana in modo che, oltre alla grazia dei libri, possiate conoscere anche la Grazia persona che vive dietro le pagine, con tutti i suoi sogni, le speranze, e le fragilità.
Spero vi piaccia. Buona lettura!
Vi è mai capitato, nel corso dell’adolescenza, di sentirvi estranei nella vostra famiglia? E quante volte avete sentito l’esigenza di creare una comunità tutta vostra, fatta di persone con cui sentirvi al sicuro e avete instaurato legami speciali, delle sorellanze o fratellanze acquisite? Se avete risposto “sì” anche a questa domanda, allora la pensate esattamente come me: la famiglia non è (solo) quella in cui siamo è nati e con cui ci sono rapporti di parentela, ma anche (e soprattutto) quella che ci creiamo.
Il
concetto di famiglia per me è molto ampio, perché quella tradizionalmente
concepita dalla società non è di tipo lineare, ma gerarchico: al vertice ci
sono i genitori e alla base poi i figli. La
vera famiglia, come la intendo io, è quella che in Sociologia è definita come “gruppo
dei pari”, dove sono tutti sullo stesso livello.
Lo
ammetto, io sono molto insofferente ai ruoli tradizionali in generale,
soprattutto all’interno di un sistema così rigido, e perciò ho sempre ritenuto
più importanti i rapporti che ho costruito nel tempo. La preziosità di certi
legami è proprio questa: io scelgo una
persona, di riporre fiducia in lei, condividere la mia vita, i miei stati
d’animo, i miei segreti, per la quale sono disposta a fare qualsiasi cosa.
Spesso, la famiglia di provenienza non costituisce un rifugio sicuro nelle peripezie, non è in grado di accogliere i figli e figlie in modo adeguato, né di amarli per quello che sono e/o vogliono diventare. Spesso, nei casi più gravi, l’organico familiare diventa disfunzionale e addirittura tossico, impedendo alla prole uno sviluppo sereno. Volenti o nolenti, quelle sono le origini, la propria storia e, anche se la si può rinnegare, si dovrà sempre fare i conti con una realtà che è stata imposta.
Altre volte, se siamo fortunati la vita ci fa un regalo dopo tanta sofferenza: incontriamo una persona, qualcuno con cui eravamo legati sin dalla nascita e che doveva unirsi a noi in un determinato momento della vita, forse quando ne avevamo più bisogno. Ebbene, io sono tra questi. Era un periodo per me buio, in cui mi sentivo sola, e ho desiderato ardentemente qualcuno che mi stesse vicino e per la quale avrei dato tutto.
La
vita mi ha premiato con quella che oggi considero la mia sorella di cuore, definizione da me coniata per spiegare il luogo
più bello dove possiamo stare l’una per l’altra, quella forza che ci ha
avvicinate. Oggi, lunedì 5 luglio, festeggiamo il 5° anniversario del nostro
primo incontro, non esattamente casuale. Ne abbiamo passate veramente tante,
l’ultima in ordine di tempo è stata una pandemia che ci ha tenute lontane per
mesi, ma siamo state e saremo più forti
di qualunque virus.
Noi siamo una famiglia, lei è una parte speciale di me e mi sentirei perduta senza. Il sangue conta fino a un certo punto, perché quelli che contano sono i sentimenti: la vera famiglia è chi decidiamo di amare. Che si tratti di un amico o un’amica, di un o una partner, una persona più anziana che abbiamo conosciuto e alla quale siamo affezionati, quella di “innamorarsi”, in senso squisitamente filosofico e talvolta platonico, di qualcuno, è la capacità più bella di cui sia dotato un essere umano.
Chiunque
può interrare, coltivare e far crescere le radici di un albero forte e
secolare. Non siete d’accordo?
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